Dantedì

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ENAC VENETO INCONTRA DANTE

Il 25 Marzo, data che gli studiosi individuano come inizio del viaggio ultraterreno di Dante nella Divina Commedia, si celebra il Dantedì, la giornata dedicata a Dante Alighieri, recentemente istituita dal Governo italiano.

Quest’anno il festeggiamento coincide con il settecentesimo anniversario della morte di Dante che nacque a Firenze tra maggio e giugno del 1265 e morì in esilio a Ravenna, la notte tra il 13 e il 14 settembre 1321.

Il sommo Poeta è il simbolo della cultura e della lingua italiana e ricordarlo insieme sarà un modo per unire ancora di più il Paese in questo momento difficile, condividendo versi dal fascino senza tempo. 

Gli studenti della classe 3^D della Scuola di Formazione Professionale ENAC Veneto (sede “Istituto Canossiano Madonna del Grappa” di Treviso) hanno immaginato che, forse per colpa di tanto clamore e magia legati all’evento, il sommo poeta, Dante Alighieri, fosse ricapitato in carne e ossa tra noi, curioso come non mai di conoscere il nostro mondo e di farsi conoscere agli studenti.

Il fortunato studente, selezionato per intervistarlo, è stato Matteo Gaudioso.

Di seguito gli esiti spassosi e interessanti di questa finzione letteraria.

M: Buongiorno Sig. Durante; mi presento: sono Matteo Gaudioso e sono stato inviato dalla mia classe, la III D della Scuola di Formazione Professionale ENAC Veneto (sede “Istituto Canossiano Madonna del Grappa” di Treviso) per intervistarla in occasione della celebrazione dei 700 anni dalla sua morte, il prossimo 25 marzo. Come prima cosa ci tengo a ringraziarla per la sua squisita disponibilità. 

D: Buongiorno a Lei, giovin signore, e grazie per l'invito; intanto può chiamarmi Dante anche perché Durante non mi ci chiamavano neanche il mi babbo e la mi mamma. Mi tolga una curiosità: cos’è quel cencio colorato che le copre il grugno ed il naso? Un curioso vezzo? Una moda? Ne ho visti tanti come lei così abbigliati e sono curioso. 

M: Sommo Dante; forse non è stato informato che il mondo, da circa un anno, è flagellato da un tremendo virus che ha ucciso molte persone e continua ad uccidere e che ha modificato le nostre abitudini e le nostre vite. Il cencio, come l'ha chiamato lei, si chiama mascherina e serve per proteggersi da questo infido virus. 

D: Accidenti!!! In effetti per prepararmi a questa intervista gli organizzatori mi hanno messo a disposizione una scatola luminosa e parlante, televisione mi hanno detto che si chiama: sentivo parlare di corona-virusma ingenuamente pensavo che fosse un problema che riguardasse solo i nobili, quelli il cui capo è appunto cinto da una corona di varie forme e grandezza. Evidentemente mi sbagliavo... 

M: L'umanità ne sta uscendo a fatica; la scienza è riuscita a trovare un vaccino per debellare questa piaga e dall'inizio di quest'anno è iniziata la vaccinazione della gente in tutto il mondo, nella speranza che tutti, ricchi e poveri, possano ricevere il vaccino. 

D: Ai miei tempi accadde qualcosa di simile con la peste nera che fece milioni di morti in Europa, ma io già non c'ero più perché ero morto una ventina di anni prima. Tra le altre cose furono in molti a dire che la causa della mia morte potrebbe essere stata la malaria, una malattia che viene trasmessa attraverso il pizzico di una zanzara che mi avrebbe morso proprio in occasione di un viaggio dalle sue parti, a Venezia per la precisione. 

M: Pensa un po', questa cosa proprio non la sapevo. Oggi, almeno nella parte di mondo civilizzato, peste e malaria non ci sono più, ma in compenso ci sono state diverse pandemie causate da virus terribili che ancora la scienza non è riuscita a sconfiggere. 

D: Sempre dalla televisione ho saputo che avete avuto anche altri problemi sparsi per il mondo che i miei tempi non hanno conosciuto: guerre mondiali, gente che uccide altra gente per motivi religiosi o di razza, persone che approfittano della loro posizione per rubare ed affamare i più bisognosi... 

M: Beh, se mi permette Signor Dante anche ai suoi tempi guerre per motivi politico-religiosi si sono combattute; proprio a Firenze chi sosteneva l'Imperatore, i ghibellini, e chi sosteneva il Papa, i Guelfi, si sono scontrati! Anche lei, membro del partito dei Guelfi, ne subì le conseguenze; con l’accusa di corruzione e furto di pubblico denaro venne condannato al rogo e fu costretto a lasciare per sempre Firenze dove non è tornato neanche dopo morto, visto che le sue spoglie sono sepolte a Ravenna. 

D: Mio giovin signore! Sarebbe un discorso che porterebbe via troppo tempo; sarebbe anche poco interessante e mi farebbe rivivere momenti molto dolorosi che vorrei evitare; solo la morte prematura della mia povera Beatrice mi ha fatto soffrire di più. 

M: Rispetto la sua volontà e mi scuso per averle fatto riaffiorare ricordi dolorosi. Sono troppo curioso però; mi concede un'ultima domanda personale? 

D: Concessa. 

M: Ma perché lei e Beatrice non vi siete sposati? 

D: Giovinotto! Le rispondo solo per l'innocenza e l'ingenuità della sua domanda. Deve sapere che ai miei tempi i matrimoni erano combinati dalle famiglie quando i futuri sposi erano dei bimbetti ed erano basati su presupposti che erano tutto fuori che sentimentali; dominavano motivi economici e politici e la volontà dei coniugi non contava nulla. Fu così anche per me; mi sono sposato a trent’anni con Gemma Donati, ma il matrimonio fu deciso 18 anni prima dal mi babbo e dal mi suocero Manetto, che anni dopo divenne mio avversario politico. Bice (vedi Beatrice) ha avuto la stessa sorte e fu promessa ad un altro; tutto qua, non c'è nient'altro da sapere. 

M: Grazie per la sincerità, signor Dante. Lei è considerato il padre della lingua italiana ed ha lasciato all'umanità un'opera immortale come la Divina Commedia, che praticamente ha scritto quasi esclusivamente in esilio dalla sua Firenze, da cui era fuggito per motivi politici. Mi chiedo come sia riuscito a comporre un'opera così grande ed impegnativa in un momento della sua vita personale così tormentata; Beatrice non era morta da tanto, era lontano dalla sua amata Firenze, eppure ha mantenuto la lucidità necessaria per comporre un capolavoro di tale portata ed importanza. Quale è stato il suo segreto? 

D: Concentrarmi sull'opera ha rappresentato la mia salvezza: effettivamente stavo attraversando un periodo difficilissimo, mi ero ritrovato "in una selva oscura" e scrivere un’opera così complessa e articolata mi è servito per ritrovare il mio equilibrio e riprendere il mio cammino. Pensi che il mio straordinario poema allegorico conta 100 canti in terzine, divisi in tre cantiche: Inferno, Purgatorio e Paradiso per un totale di 14 233 versi!

M: Caspita! Oltre all'immenso valore artistico dell'opera, quale è stato il messaggio che ha voluto lasciare alle future generazioni? 

D: Più che un messaggio una speranza; quella di lasciare uno strumento che potesse offrire ai lettori la stessa opportunità offerta all'autore ossia quello di ritrovare l'orientamento in un momento difficile della propria vita attraverso un percorso dall'inferno al paradiso passando per il purgatorio. 

M: Siamo giunti al termine di questa intervista; la ringrazio ancora per la disponibilità e per l'onore che mi ha concesso. 

D: Ringrazio lei per l'invito e buona fortuna. 

Di seguito, scaricabili, le locandine del Dantedì realizzate da Mirko Bragato e Angelo Meneghetti della classe 3 Operatore Grafico della Scuola di Formazione Professionale ENAC Veneto (sede “Istituto Canossiano Madonna del Grappa” di Treviso).

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