Voci dalla quarantena
Voci dalla quarantena
Pensieri di alcuni studenti della classe quarta della SFP ENAC Veneto “Madonna del Grappa”, Treviso
«Essere adolescenti, giovani uomini e donne porta un bisogno fisiologico e implicito di stare nel fuori. Di andare a scoprire il nuovo e l’ignoto. Di muoversi per il mondo».
(Alberto Pellai)
“Quanto tempo manca alla fine di tutto questo?”. “Fra quanto tempo finirà la lezione al computer?”. “Che noia! Oggi c’è bel tempo ma non posso uscire!”. “Ho troppo tempo e non so che fare!”. Sì. Gli studenti in tempo di quarantena sono soprattutto questo, ma sono anche altro.
Nell’infinità delle giornate che non scorrono mai per molti studenti il tempo della quarantena è anche un tempo fertile.
È il tempo della riflessione: «Stando a casa penso moltissimo alla mia vita, a cosa sta andato storto e alle piccole soddisfazioni ricevute; penso a quanto sbagliata sono a volte, ma anche a quel giusto che non ho mai tirato fuori e valorizzato di me».
È il tempo della mancanza e della nostalgia: «Mi manca uscire e vedere le strade piene, le persone che scherzano tra di loro con il volto libero e non coperto da una mascherina bianca». «Mi mancano le serate dove ci si diverte, dove il tempo passa troppo veloce, dove si vorrebbe stare fuori fino a mattina […]. Mi mancano le risate con le lacrime agli occhi con le amiche, ma anche i pianti di sfogo dove loro sono pronte a strapparti un sorriso».
È il tempo delle semplici cose belle e quotidiane: «Dalle 17.00 alle 18.00 vado fuori in terrazza perché inizia a tramontare il sole e c’è una bella atmosfera. Io e mia mamma la chiamiamo l’ora d’aria. Fa ridere ma è in po' quello che provo: a volte mi sento in carcere».
È il tempo per fare verità con sé stessi: «Durante questo periodo ho capito che certe persone che per me c’erano tutti i giorni in realtà non ci sono; ho capito quanto io e mia mamma siamo uguali e la cosa a volte è preoccupante; ho capito di avere dei sentimenti che non credevo esistessero in me; ho capito tante cose che credo mi abbiano cambiato e quando uscirò so che sarà tutto diverso e io stessa sarò diversa».
È il tempo dell’apprendimento: «Questo virus mi ha insegnato il valore di un abbraccio, di una stretta di mano, di un caffè al bar con gli amici, tutte cose che fino a tre settimane fa per noi erano scontate e adesso invece ci mancano».
È il tempo della responsabilità: «Le norma restrittive sono toste, ma giuste; non è più una questione di scelta, ma di obbligo; bisogna supportarsi a vicenda, tutta l’Italia in questo momento deve essere una cosa unica; un insieme di teste che devono saper ragionare per il bene e non per il male. L’unione fa la forza».
È il tempo del dolore: «Penso che non vedere i parenti e le persone più a cuore sia veramente la cosa più difficile, anche perché la noia la si può colmare in qualche modo ma la mancanza di una persona no, ogni giorno che passa è sempre più forte».
È il tempo della speranza: «Spero che tutto questo finisca presto e spero tanto che quando sarà finito torneremo più consapevoli del valore della vita e delle piccole cose di cui probabilmente ci eravamo dimenticati, distratti dalla routine, dal dover fare tutto di corsa e subito».